lunedì 30 marzo 2020

Le epidemie, l’era moderna, gli ambientalisti


Le epidemie, l’era moderna, gli ambientalisti


"Erano già gli anni dalla fruttifera incarnazione del figliolo di Dio al numero pervenuti di 1348, quando, nell'egregia città di Firenze pervenne la mortifera pestilenza la quale o per operazione dei corpi superiori, o per le nostre inique opere, da giusta ira di Dio mandata d'un luogo in un altro continuandosi, verso l'occidente s'era ampliata”. Così il Boccaccio introduce nel Decamerone la peste del 1348.


La natura, con il virus COVID 19, fa risentire forte e chiara la sua potenza anche distruttiva e mortale; trovo incongruo che mentre ci difendiamo dalla malattia come mai nei secoli passati, grazie ad una maggiore ricchezza diffusa e ai progressi della tecnologia, tra molti si diffonda l’idea che occorra tornare indietro a un non ben definito passato idilliaco in cui l’aria e l’acqua erano pulite, e tutto andava bene.


Piace pensare che siamo sempre noi i protagonisti, e che si debba agli umani anche la diffusione di virus: “abbiamo esagerato”, “ci siamo permessi di toccare ciò che non doveva essere toccato”, “il vero virus è l’uomo”, e via tornando di fatto al medioevo o ancora più indietro, quando le pestilenze si spiegavano con i nostri peccati. Come se l’influenza, il vaiolo o la peste fossero scatenate dal desiderio di sesso o di denaro...


Ora non si invocano i peccati contro Dio, ma ci sono invece molti seguaci di una sorta di religione animista/naturalista, per cui non dovremmo toccare nulla, e così tornerebbe l’armonia tra gli umani ed il mondo circostante. E, naturalmente, anche i virus starebbero a casa loro.


Così non è: le pestilenze hanno accompagnato la storia dell’umanità, e l’aria non inquinata dalle polveri sottili non ci ha risparmiato la peste ai tempi di Giustiniano millecinquecento anni fa (trenta/cinquanta milioni di morti), quella narrata dal Boccaccio, che ammazzò metà della popolazione europea del tempo, o la tremenda epidemia di spagnola del 1918/19, e via dicendo.


Oggi davanti al Corona Virus, l’umanità dimostra ovunque, anche se con differenze tra paese e paese, maggiore capacità di contrasto e di tutela della salute, anche per chi non è ricco, ed è la testimonianza migliore per affermare che si deve andare avanti, e non guardare indietro.


La vera domanda è: come?


Dalle crisi possono nascere opportunità, se si sanno cogliere.


Elenco tre questioni italiane , per me fondamentali da affrontare per quando potremo ripartire:
Ridare rispetto alle competenze. In Italia le competenze sono state sbeffeggiate e umiliate.
Rimettere sotto controllo il sospetto, l’invidia meschina, che rappresentano l’humus culturale che fa sì che la burocrazia e una magistratura occhiuta e punitiva abbiano la prevalenza sull’inventiva, l’intraprendenza, la voglia di lavorare.
Investire massicciamente su una società più ambientalista, più ordinata e tecnologica, che produca più beni e servizi utilizzando meno risorse naturali.


Penso che sia sempre la cultura, il sentire diffuso, quello che orienta le scelte degli elettori e di conseguenza la formazione della classe politica dirigente. Di conseguenza chi ha a cuore l’ambiente, e non vuole solo esprimersi con slogan e con grida di “Al lupo, al lupo!”, si dovrà misurare con queste tre grandi scelte che determineranno il nostro futuro.

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